IL PUNTO SU DON MILANI. FAMIGLIA, IDEE, COLLABORATORI [di Emilio Butturini]

punto donmilani 150Spetta a Emilio Butturini il merito eccellente di aver ripreso e approfondito lo studio sulla persona e sull'opera di don Lorenzo Milani (1923-1967) in un libro di poche pagine dense e illuminanti. Edito dalla Casa Editrice Mazziana, è intitolato «Il punto su don Milani», riconsiderato non solo come autore di opere di spiccato impegno educativo, ma anche nel vasto ambito di cultura che comprende una larga cerchia di famiglia, amici e collaboratori, strettamente connessi al suo insegnamento, vivacissimo, sempre rivolto contro «i ricchi che non sanno scrivere né un libro né un giornale a livello dei poveri».

Sulla famosa «Lettera a una professoressa», che suscitò discussioni a non finire (come «critica dell'istituzione scolastica e della funzione di selezione e di omolagazione culturale» a scapito dei poveri), giova ricordare che fu pubblicata nel maggio del 1967, poco prima della morte di don Milani, a Firenze, nella casa della mamma, «dopo un'agonia straziante, ma lucida e consapevole», come ultimo messaggio di salvezza. Nel 1970, la «Lettera», precisa Butturini, già tradotta in francese, catalano e castigliano, e diffusa in Uruguay, Argentina e Messico, comparve in tedesco e poi in russo, cinese, giapponese: «per cui don Milani si è affiancato alla Montessori, come uno dei pochi studiosi di problemi pedagogici conosciuti all'estero».

Ma questa larga diffusione del suo lavoro controcorrente, non attesta la malinconica archeologia della cultura religiosa nostrana? Quando, nell'aprile del 1958, comparvero le «Esperienze pastorali» - opera ritenuta di primaria importanza da una cerchia di competenti- non sappiamo quanti lettori seppero apprezzarla: certo è che, per ordine del Santo Uffizio, fu ritirata dal commercio e ne fu vietata sia la traduzione che la ristampa.

Anche papa Giovanni XXIII, così ricco di saggezza, si limitò a dire che le «Esperienze pastorali» si riducevano a «cose incredibili» scritte da «un povero pazzerello». Si tratta di «un giudizio affrettato, fondato solo su recensioni», probabilmente più propagandistiche che conoscitive. Per capire la non accettazione, così decisa e conformistica delle «Esperienze», bisogna riconoscere che somiglia o risponde bene alla «logica» del califfo Omar, che, conquistata la famosa biblioteca di Alessandria, ragionava così: «tutti questi libri dicono quel che già dice il Corano, e allora sono inutili; o lo contraddicono, e allora sono dannosi. Dunque bruciamoli come combustibile per il riscaldamento dei bagni pubblici».

Questa «logica», scaturita da una mentalità belligerante, non ha nulla a che fare con la fede cristiana, con l'etica evangelica avversa a ogni specie di violenza e sempre rivolta alla ricerca della verità: come attesta la domanda esortativa di Luca (12,57): «Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?». È una domanda non molto nota ai cristiani succubi della massima «non giudicate, per non essere giudicati», quasi sempre malintesa, come se non fosse consentito cercare e seguire il giudizio dettato dalla coscienza. Eppure, anche il parere dell'evangelista Giovanni è esplicito e perentorio: «non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio» (7,24). Se fosse più diffusa la consuetudine di leggere e rileggere il Vangelo, le esortazioni di Luca e Giovanni sarebbero più note. Ma oggi si vive in una società capitalistica (che mira anzitutto alla crescita economica) sempre meno cristiana, ossia rivolta a realizzare il regno di Dio e la sua giustizia.

La via per uscire da questa grave crisi, è stata indicata esplicitamente sia dal papa attuale, sia dal suo predecessore. E consiste nella fedeltà alla voce della coscienza. «In caso di necessità», ha scritto Ratzinger, bisogna obbedire «alla coscienza individuale anche contro l'ingiunzione dell'autorità ecclesiastica».

Rovesciando la convinzione tradizionalistica, che dichiarava la dipendenza della voce di coscienza dall'autorità ecclesiastica, il cardinale J.H.Newman, beatificato nel 2010 da Benedetto XVI, dichiarava che il cristiano deve obbedire «prima alla coscienza, e poi al papa». Questa conclusione innovativa si legge nella «Lettera al duca di Norfolk» del 1875, tradotta anche in italiano e pienamente condivisa dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nell'enciclica Gaudium et Spes, in cui è precisato che «nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità». In parole povere, l'ultima parola spetta alla coscienza, anche nel «leggere i segni dei tempi». E anche nel riesaminare l'opera di don Milani, come ha fatto Emilio Butturini con una sequela di considerazioni attinenti al suo «impegno pastorale ed educativo», talora connotato da severità scintillante nel mettere in luce molte perplessità e ipocrisie, persistenti nella cerchia dei bigotti, e della bigotteria giustamente deprecata da uno scrittore coraggioso come Graham Greene. Anche su questo argomento, il montaggio svolto da Butturini risulta utilissimo perché corredato da una antologia dei testi milaniani, preziosa in quanto documentaria delle lettere, scritte dal 1947 al 1967, dall'indimenticabile don Lorenzo nell'intento di aiutare i poveri a conseguire quei mezzi di cultura senza i quali sono condannati a restare in silenzio.

Gian Luigi Verzellesi

[ Fonte: recensione tratta da L'Arena.it ]


Titolo: «Il punto su don Milani»
Sottotitolo: Famiglia idee collaboratori
Autore: Emilio Butturini
Pagine: 142 + VIII di illustrazioni
Editore: Casa editrice Mazziana
Prima edizione: settembre 2013
ISBN: 978-88-97243-13-7

Prezzo di copertina: 13,50 euro

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