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MARIA DI NAZARET [di Luigi Pretto e Marina Stefani Mantovanelli]

mdnazaret 150Benvenuti siano dunque, in questi tempi di donna-consumo, i libri che consentono di avvicinare il mistero della sacralità materna di Lei, e leggerne i segni. É il caso di «Maria di Nazaret» di Luigi Pretto e Marina Stefani Mantovanelli, un libro bifronte che legge la madre di Gesù da una parte nelle Scritture e nella letteratura, e dall'altra nell'iconografia dal Medioevo a oggi. 
Pretto, che si occupa della prima parte, è un sacerdote di sterminata cultura, cresciuto a Padova nella tradizione pauperistica e terzomondista di Don Mazza, che fu il primo italiano a mandar missionari verso l'Alto Nilo, ai primi dell'Ottocento, ben prima della penetrazione comboniana.

Ed è un viaggio il suo, non una banale antologia; un viaggio che parte dai Vangeli, passa attraverso Meister Hechkart, Nicola Cusano e l'Alighieri, e prosegue fino a Reiner Maria Rilke e contemporanei come Heinrich Böll o i miscredenti Sartre e Brecht. Un viaggio difficile, perché Maria, con la sua corporeità che discende dal femminile biblico del Cantico dei Cantici, resta una figura che nei Vangeli parla pochissimo (appena cinque volte, se si conta il silenzio parlante sotto la Croce), e apre spazi minimi nel privato di Gesù. Talmente minimi che, scrive Pretto, «l'abbondante letteratura apocrifa - Vangeli, Atti, Apocalissi - nacque, nei primissimi secoli dell'era cristiana, proprio da questo desiderio di ripercorrere la vita di Gesù e di Maria». Ne esce l'immagine nitida di una creatura terrena, nella quale però il Sacro si riflette in tutto il suo splendore.

Da qui il ribaltamento - fondamentale - della traduzione al passo del «Magnificat» in cui Maria incontra Elisabetta: non è Dio che fa grande la Donna perché ha visto l'umiltà di Lei, ma è la Donna che riconosce la grandezza e la bontà di Lui. Questa esperienza di Dio unica e irripetibile fa della Madonna il fondamento della devozione verso i miracoli del Creatore. La Credente assoluta dunque, l'Intermediatrice cui ricorrere per avere una grazia, o la salvezza per esempio in caso di morte violenta.

Ma ecco l'analisi dei quaranta passi mariani nella Commedia, affrontati per la prima volta in modo panoramico (non c'è niente del genere, se si escludono le sei pagine sul tema nell'Enciclopedia dantesca. C'è chi vede nei luoghi a Lei dedicati una grande "emme" sulla mappa d'Europa. C'è chi, come i gestori di Medjugorje, ne usa il nome per spostare pellegrini o le attribuisce rivelazioni esoteriche tipo Fatima. Altri - specie nel Sud Italia - la vedono dea della fertilità, proseguimento del culto della Grande Signora. Altri ancora la caricano di significati dello Spirito Santo o, peggio, la leggono come misericordiosa antitesi a un Dio inflessibile. Non s'è mai parlato tanto, e tanto a sproposito, di Maria di Nazaret, la fanciulla ebrea moglie del carpentiere Giuseppe. Un tema difficile, che obbliga a districarsi in una foresta vergine di pratiche devozionali e dicerie che poco hanno a che fare con le Scritture. di Mario Apollonio), e che svelano la presenza strutturante di Maria di Nazaret nell'architettura dell'opera.

É Lei che chiama gli angeli in Purgatorio nella valletta dei principi, Lei che accompagna l'Alighieri fin sulla soglia dell'indicibile, qualcosa di fronte alla quale non vi può essere dialogo ma puro ascolto. L'ultimo gradino, l'unità che raccoglie tutto quanto «nell'universo si squaderna». L'approdo mistico, che spesso si raggiunge solo dopo aver provato lo sconvolgente senso di abbandono che nasce dalla percezione della sua possibile assenza. Il viaggio nell'iconografia mariana della Mantovanelli, che ha dedicato anni all'analisi dei simboli e specialmente della mano dell'uomo e di Dio nell'arte rinascimentale, illumina di luce nuova quadri anche notissimi, in cui decifra segnali che spesso sfuggono a letture solo estetiche e dimostrano negli artisti una conoscenza solidissima dei Vangeli.

Ci viene per esempio spiegato perché nella Deposizione di Giambellino il discepolo Giovanni distoglie lo sguardo da Cristo, o perché nella Madonna del Magnificat dipinta dal Botticelli il bambino guida la mano di sua madre nella scrittura, o ancora perché, nella sua Annunciazione, Antonello da Messina rappresenta Maria di Nazaret senza l'angelo. Dettagli minimali di alto contenuto metaforico. Presenze come l'unicorno, simbolo della purezza, o la chiocciola, immagine di umiltà, semplicità e autosufficienza; creatura che secondo le credenze antiche nasceva dalla rugiada come Gesù nasceva dallo spirito santo nel ventre di Maria. Raffigurazioni dove assolutamente nulla è posto a caso; vedi per esempio l'Annunciazione di Tiziano nella chiesa del Santo Salvatore a Venezia. Nel dipinto Maria è priva di cintura, che è simbolo di castità, e ha la veste sciolta.

Perché? Basta alzare gli occhi e la cintura perduta è sventolata dagli angeli come annuncio, commovente, di gravidanza. É il sommo manifestarsi di Lui, e difatti sullo sfondo c'è un roveto ardente che abbaglia e porta Maria a ripararsi dalla luce con lo stesso gesto di Mosè sul Sinai. Un collegamento forte tra Vecchio e Nuovo Testamento, fatto non da un teologo, ma da un pittore. La folgorazione, più che la catechistica della grazia.

Paolo Rumiz


[fonte: recensione intitolata «Tutti i volti di Maria da Dante a Botticelli» in «La Repubblica», 6 aprile 2011]


Titolo: «Maria di Nazaret»
Sottotitolo: La Vergine dei Vangeli nella visione di Dante, nella sensibilità dei poeti e nell'intuizione degli artisti
Autori: Luigi Pretto e Marina Stefani Mantovanelli
Curatore: cura editoriale e grafica di Pino Agostini
Pagine: 319 con fini illustrazioni a colori
Editore: Casa editrice Mazziana
Prima edizione: gennaio 2011
ISBN: 978-88-97243-01-4
Prezzo di copertina: 35,00 euro

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