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SOGNO O SON DESTO?

SOGNO O SON DESTO?
di Franco Giardina

Abdul aveva l'incarico di sistemare i tappeti: al mattino li metteva in mostra, anche all'esterno del negozio, mentre alla sera doveva riporli all'interno, l'umidità della notte avrebbe potuto rovinarli. Ogni giorno era sempre uguale: al mattino doveva srotolare e stendere i tappeti per farne risaltare colori e disegni tipici della tradizione del Marocco. Abdul era benvoluto dal proprietario del negozio che, non avendo avuto figli, lo trattava con simpatia e affetto.

Un giorno entrò nel negozio un signore dall'aspetto distinto, ma con un'aria sospetta; il proprietario lasciò ad Abdul l'incarico di servirlo, dovendo assentarsi per delle commissioni. Il cliente gli richiese un particolare tappeto, fornendo le indicazioni su colori e disegni e le caratteristiche della trama. Abdul iniziò l'esplorazione sollevando, spostando e proponendo i tappeti che, secondo lui, corrispondevano all'esigenza del cliente al quale, purtroppo, nessun tappeto soddisfaceva. Non ne rimaneva che qualche mucchio giacente in un angolo, i cui tappeti venivano di rado esposti, essendo antichi e preziosi e, purtroppo, un po' sbiaditi. Abdul cominciò ad alzarne uno alla volta, mostrandolo al cliente quando, ad un certo punto, notò la nappa di un tappeto chiusa in modo tale da sembrare il pugno di una mano. Era, ovviamente, stupito della stranezza e tentò di estrarre il tappeto che però, insolitamente, si ritirò di più all'interno del mucchio, come per nascondersi. Anche se sorpreso, il ragazzo continuò a proporre altri manufatti, ricevendo costantemente un diniego; alla fine, allargando le braccia, riferì al cliente che non aveva più nulla da mostragli e quello lo ringraziò e se ne andò.

Alla sera, dopo avere svolto il suo lavoro, Abdul ritornò al mucchio e con calma spostò tutti i tappeti, finché trovò quello con la nappa particolare, che, tra l'altro, non era l'unica: ai quattro angoli del tappeto c'erano altrettante nappe serrate e a forma di pugno. Fece un balzo all'indietro quando, improvvisamente, una nappa gli prese la mano, scuotendola come un saluto; poi, il tappeto si raddrizzò verticalmente e avvolse il povero Abdul, preso dal panico.

Riavutosi, chissà perché al giovane venne spontaneo fare una domanda: «Non mi dirai che sai anche volare?», e il tappeto, inchinandosi più volte, sembrò dire di sì. Abdul, che aveva già spento l'insegna, ma non aveva ancora chiuso la porta del negozio, si sporse per controllare che non ci fosse nessuno. Disse al tappeto: «Ora mostrami cosa sai fare!». Quello, messosi in posizione orizzontale, si alzò in volo, uscì dalla porta e, librandosi nell'aria, dopo due o tre planate rientrò, fermandosi ai piedi di Abdul.

«Certo sto sognando!», pensò Abdul; ma un lampo nella mente gli fece considerare che il negozio si chiamava «Les tapis d'Ali Baba» (I tappeti di Ali Baba) e quello sicuramente era il tappeto magico di Ali.

«Posso salire?», chiese al tappeto, il quale subito lo spinse in modo che si sedesse e volò fuori, radente all'acqua, sopra una torre, spaventando anche alcuni gabbiani addormentati; la vista della città dall'alto era una meraviglia, riuscì a vedere la Medina completa, le stradine della kasbah. 

«Ora scendiamo!», e il tappeto ubbidiente lo riportò all'interno del negozio.
«Allora sono sveglio!», esclamò Abdul e decise che il giorno dopo avrebbe chiesto al padrone di acquistare il magico tappeto.

Franco Giardina

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