LA TAJINE ROTTA

LA TAJINE ROTTA
di Franco Giardina

Amina stava sistemando la cucina del ristorante quando, giratasi di scatto, spinse una tajine (1), che conteneva la pietanza marocchina già pronta per essere servita, che cadde a terra con il coperchio e si ruppero entrambe.

«Amina, sei sempre così sbadata!», la rimproverò il cuoco. «Ora devi acquistarne una nuova, prima che il padrone se ne accorga». Amina si scusò, dicendo che era stato un incidente, non era colpa della sua disattenzione; ma il cuoco non volle sentire ragioni e ribadì la richiesta.

Amina era la più giovane dei tre fratelli, che dovevano lavorare per mantenere i genitori, essendo il padre ammalato e la madre impegnata ad accudirlo. Per questo motivo, Amina interruppe gli studi, che amava, e andò a lavorare pure lei, anche se giovane.

Consegnava quasi tutto il compenso della sua attività alla madre che gli permetteva di trattenere qualche dirham per le spese personali e qualche svago con le amiche. Essendo molto parsimoniosa, rinunciava spesso a uscire, anche per una bibita o un film, metteva da parte quei pochi soldi per realizzare, un giorno, il suo sogno: un viaggio in Italia e in particolare, vedere le gondole a Venezia, la sua passione, e Verona, teatro della triste storia di Giulietta e Romeo, conosciuti nello studio delle opere di Shakespeare, quando ancora frequentava la scuola.

Ora sarebbe stata obbligata ad attingere ai suoi risparmi per l'acquisto di ciò che aveva rotto. Nel giorno di chiusura del ristorante, si diresse verso la «Sqala du Nord» dove ricordava che sua madre acquistò una tajine a un prezzo molto conveniente e, forse, non avrebbe speso tutti suoi risparmi. In preda a una strana agitazione, si perse due o tre volte in quel dedalo di stradine della kasbah ed era in procinto di tornare a casa, quando s'imbatté in un vecchio claudicante che camminava a fatica, trascinando un piccolo carretto. Amina lo guardò con compassione e il vecchio si fermò e le disse:
«A differenza di molti altri, non mi hai guardato con disgusto; purtroppo, è quello che prova la gente guardandomi e scuotendo la testa. È dignitoso anche essere poveri! Il tuo, però, è stato uno sguardo buono e vorrei esserti utile, se posso. Dimmi!».

Amina era confusa e non sapeva cosa fare; ma senza imbarazzo, gli spiegò che s'era persa nella ricerca dell'oggetto che doveva acquistare e il dispiacere di dover usare i suoi risparmi. «Tutto qua?», le chiese il vecchio e aggiunse: «Posso aiutarti io!» ed estrasse da una scatola del carretto una tajine identica a quella che aveva rotto.

«Com'è possibile? È quella che stavo cercando. Posso acquistarla?» chiese Amina. Il vecchio rispose: «Certo, per un dirham! Sei una buona ragazza e voglio aiutarti a realizzare il tuo sogno. Magari, è il caso che tu dia questa a tua madre e vedrai che ne rimarrà sorpresa. Ora vai e non perderti! Buona fortuna!» e, consegnato l'oggetto ad Amina, proseguì nel suo cammino.

Amina era ancora stupita e non ebbe neanche il tempo di ringraziare il vecchio; sentì, però, una voce dentro di sé che diceva: «Amina, ha parlato il tuo cuore e ti ringrazio!». Com'era stato possibile, pensò, girandosi da una parte all'altra.
Corse subito a casa e raccontò tutto alla madre, che, presa in mano la tajine, ne sollevò il coperchio e con stupore scoprì la pietanza bella e pronta, ancora fumante. Con gli occhi sbarrati dallo stupore, trattenne a stento le lacrime per la gioia; travasò tutto il contenuto su un piatto normale, rimise il coperchio, alzò gli occhi al cielo e lo tolse. Se non fosse stata sorretta da Amina, sarebbe crollata a terra svenuta alla vista della pietanza che occupava la terrina. Appena si riprese, disse alla figlia: «Porterai al cuoco la nostra tajine, mentre questa la terremo noi come dono provvidenziale e prezioso».

Franco Giardina

(1) Il termine «tajine» viene usato sia per la pietanza che per il caratteristico piatto in cui viene cotta.

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