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LINO CERCA E TROVA

LINO CERCA E TROVA
di Maria Grazia Leo

Questa è la storia di un bambino un po' piccolo e un po' grande, che ogni tanto si sentiva triste e a volte anche arrabbiato perché alcuni compagni lo chiamavano «pannolino» tra i risolini di molti.
Mamma e papà gli avevano spiegato che lui portava il cognome del papà e che gli era stato dato il nome del nonno che tanto aveva desiderato un nipotino. Queste parole riuscivano a farlo stare bene, ma nel momento in cui a scuola o al campetto si sentiva deridere, ci soffriva e si arrabbiava cosi tanto che voleva anche dare pugni. Per fortuna la maestra sapeva come calmarlo. A Lino piaceva giocare con i cubi morbidi, erano cubi sì, con tanto di spigoli, ma erano morbidi. A volte l'amarezza era così tanta che anche il resto della giornata ne risentiva. Mamma e papà provavano a trovare un modo per cambiare atmosfera. Il loro bambino aveva bisogno di qualcosa in più, non sapevano bene cosa, per capire le sue emozioni e gli altri, per dare parole e non impulsi al suo sentire.

Finalmente arrivava la notte, una storia per entrarci dentro e poi ricominciava un'altra giornata.
In quel periodo si sparse la voce che in una scuola vicina avevano organizzato un concorso: ogni partecipante aveva il compito di far sorridere una bambina di nome Cacolina. In palio per la vincita c'era una giornata al parco divertimenti più grande della regione ed un mese di leccornìe presso la fabbrica dei dolcetti.
Cacolina si chiamava così per un errore al momento della registrazione all'anagrafe. I genitori volevano chiamarla Carolina, ma quella «c» fece la differenza e al momento nulla si poteva fare per modificare il nome. Lino Panno si impegnò molto per farla sorridere, sapeva bene cosa significava stare male per un nome che fa ridere le persone. Raccontò a Cacolina alcune sue disavventure e già lei si sentiva sollevata di poter condividere ciò che sentiva, si raccontarono barzellette e poi le suggerì che poteva usare una parte del suo nome cioè Lina, così avrebbero avuto in comune un'altra cosa. Da quel giorno, né Lino né Lina furono più tristi, non fecero più caso al modo di chiamarli dei compagni, loro si trovavano insieme, giocavano e trascorrevano ore felici. A poco a poco anche gli altri compagni si unirono ai loro passatempi e nessuno fece più caso ai nomi, avevano altro a cui pensare. Con l'aiuto di grandi, fratelli e genitori, cominciarono a progettare un concorso il cui scopo era far tornare il sorriso a chi per vari motivi aveva dimenticato come fare.
Era un'impresa difficile, dovevano arrivare alle origini di tutti i sorrisi.

Venne l'inizio di un nuovo anno scolastico, la ricerca dell'entusiasmo e al preoccupazione di non riuscire bene, ma anche la soddisfazione di fare i compiti bene e veder fiorire sul quaderno sorrisi e faccette belle come margherite su un prato. Tutte queste situazioni mentre il sorriso di Lino cambiava, i dentini lasciavano un buco pronto ad accogliere un dentone. Si ricordò del progetto «Sorrisi», la missione da portare avanti insieme all'amica Lina. Ma tutto era cosi complicato che a volte invece del sorriso dalla bocca usciva un urletto, ma come mai accadeva questo! Era necessario diventare investigatori al modo di Cip e Ciop e scrutare le facce degli adulti alla ricerca dei segnali di allarme, quelli che precedono la tempesta di urla, i fumetti dalle orecchie e le saette dagli occhi, come quando un lampo ci avvisa del temporale.

Lino, nel frattempo, rifletteva sul modo per arrivare all'origine dei sorrisi ed anche all'origine delle tempeste urlanti. L'inverno era alle porte ed egli fantasticava di cominciare una ricerca, la ricerca del modo migliore per far sbocciare i suoi fiori più belli, quelle qualità che ognuno di noi possiede.
Cominciò così un piccolo grande viaggio. Inizialmente era incerto se coinvolgere la sua amica Lina, così decise di prendersi del tempo, pensare al da farsi. Fu così che un giorno facendo un giringiretto incontrò un ragazzo dalle scarpe gialle e vedendolo un po' grande, non come quei grandi che sanno di grande, ma grande, gli domandò cosa sapeva fare bene, così bene da sentirsi come un fiore sbocciato. Il ragazzo dalle scarpe gialle ci pensò su un po' e poi rispose: «Beh, direi che ci sono diverse cose che mi riescono bene, alcune più di altre, ma in questo periodo ciò che mi riesce particolarmente bene è guardare nel vuoto». Lino Panno pensò che era una cose assai strana e che forse quel ragazzo sapeva di mezzo grande. Cercava qualcosa che potesse fare con le sue mani, con il suo pensiero, che avesse colori e forme, che potesse far sorridere e sorprendere.

Non si diede per vinto, Lino sapeva che bastava avere delle domande in testa per cominciare a cercare e ce cercando si finisce poi per trovare qualcosa. Ciò che Lino non sapeva all'inizio del suo viaggio è che può capitare di trovare qualcosa di diverso da ciò che si cercava, ma che farà comunque al caso nostro.
Cammin facendo gli tornavano alla mente le parole della sua amica Lina, che gli ricordava che il suo fiore più bello, al sua caratteristica più preziosa, era quello che faceva sbocciare sulla bocca di chi incontrava quando si presentava con quell'aria a metà tra il brigante e il gentilometto.
«Gentilezza chiama gentilezza come dispetto chiama dispetto se non ci metti un pensiero in mezzo!», pensò tra sé e sé Lino, ripromettendosi di tenerlo a mente.

Assorto in quei pensieri non vide che un terribile temporale si stava annunciando e che doveva rientrare prima di far preoccupare mamma e papà. Giunto a casa notò che tutto era a posto, nessuno si era ancora allarmato per il temporale e nemmeno per lui, questo gli fece provare ancora una volta il Vento del Malincuore, così chiamava lui quella sensazione di mezza tristezza che lo catturava quando voleva essere al centro del mondo per aver fatto qualcosa di speciale.
«Tu sei speciale in ogni caso» diceva la mamma. E così andò dove era sua mamma.
« Mamma – chiese Lino – quando sono nato hai sentito subito qualcosa di speciale?»
«Direi di sì, perché mi hai regalato la gioia di 1000 Natali insieme e la pace», rispose la mamma.
«Pace?» chiese Lino.
«Sì, perché il Vento del Malincuore si era addormentato».

Lino quella sera andò a letto perplesso. Penso che forse il Vento del Malincuore avesse a che fare con i fiori che tardano a sbocciare. Cadde in un sonno profondo e sognò un sentiero pieno di cespugli che nascondevano timidi compagni di avventura: porcospini, teneri e spaventati che uscivano alla ricerca di cibo quando il tramonto aveva fatto rientrare tutti a casa. Lino si avvicinò, loro non si allarmarono, avevano sentito che lui li apprezzava e li invitò ad uscire dai cespugli. Si misero a parlare e lui chiese loro perché uscissero solo dopo il tramonto.
«Per noi può essere pericoloso» gli risposero i due porcospini più grandi, «ma tu invece, caro mio, devi uscire allo scoperto, alla luce del sole, il sole caldo e brillante metterà in risalto i tuoi fiori!».
Lino era sorpreso che sapessero dei suoi progetti, poi immaginò che fossero lì per lui e poi... poi si svegliò o meglio la mamma lo svegliò baciandogli la fronte e dicendogli che era ora di alzarsi. Che fatica alzarsi e che sonno, pensò Lino.

Quella mattina era così distratto che camminando non si accorse che aveva oltrepassato da un pezzo il cancello di entrata a scuola ed era entrato nel boschetto, nel giro di poco non avrebbe saputo come tornare indietro. Non si perse d'animo, conosceva quel boschetto e prima o poi avrebbe trovato un punto familiare, già conosciuto. Avrebbe approfittato di questa situazione per raccogliere indizi su se stesso, sulle sue emozioni davanti a ciò che avrebbe incontrato. Procedeva a passo lento per gustarsi le cose che incontrava, una pietra di un colore particolare, una zona ricca di un muschio mai visto prima, gruppetti di funghi qua e là, e piano piano cominciò a sentire una sensazione di malinconia, il desiderio di trovarsi fuori da lì, il suo passo si fece svelto e iniziò a cantare per tenere a bada la preoccupazione.
Chissà che ora era, aveva pure lasciato a casa quel meraviglioso orologio acquistato tramite internet.
«Svelto, svelto» esortò se stesso a voce alta. Pensò che mamma e papà potevano preoccuparsi, ma forse, come durante il temporale, non ci avrebbero fatto caso. Ad ogni modo, di lì a poco sicuramente si sarebbero messi a cercarlo. Il suo pancino si mise a brontolare, segno che era ora di pranzo, ma allora era proprio tanto che camminava nel boschetto! A quel punto la paura di non trovare la strada si fece sentire. Una piccola lacrima si stava affacciando dai suoi occhi quando riconobbe un disegnino fatto con una piccola pietra sulla corteccia di un albero, l'avevano fatto insieme lui e Lina. Che sospiro di sollievo, allora non doveva essere così distante da casa. Fatti pochi passi sentì la voce di Lina che chiamava a gran voce il suo cane, si mise a correre più forte, arrivò davanti a Lina che lo abbracciò fortissimo, sembrava avesse capito il suo stato d'animo. In effetti lei ed alcuni compagni stavano aiutando mamma e papà a cercarlo. L'abbraccio di Lina e la felicità che provò,dimostrò a Lino che poteva per il momento fermare la sua ricerca, la gioia di sentirsi atteso, la gioia di riabbracciare tutti colmava per ora la curiosità di scoprire come far sbocciare le sue doti. Sarebbe arrivato il momento, e nel frattempo aveva trovato molto di ciò che stava cercando, aveva cominciato ad esplorare il mondo delle sue emozioni, un mondo a portata di mano in cui poter trovare informazioni importanti a patto di volerlo visitare con curiosità e rispetto. Intanto, prima della prossima avventura, una straordinaria crostata di ciliegie aspettava Lino, Lina e gli altri amici per festeggiare una giornata particolare.

Maria Grazia Leo


Maria Grazia Leo è nata nel 1967 e abita a San Giorgio in Salici (VR) da oltre venti anni. Ha un marito e due figli, ed è psicologa e psicoterapeuta. Suoi contributi professionali sono presenti in «Tra genitori e figli: la tossicodipendenza» [Ed. Masson, 1998] e «Attaccamento ed età adulta» [Raffaello Cortina editore, 1999].
Appassionata di letture, Maria Grazia Leo cerca e trova tra le pagine dei libri le parole che cerca, risposte, spunti per riflettere. Dopo una fase in cui scriveva per non dimenticare cose importanti, ha sentito l'esigenza di scrivere per capire meglio, per condividere e fare un regalo a se stessa e ai figli.

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