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IL PORTAPENNE DEL NONNO

IL PORTAPENNE DEL NONNO
di Franco Giardina

Era sempre stato curioso, soprattutto gli piacevano quei cassetti pieni di cianfrusaglie, le scatole in cantina dove c'era tutto ciò che i genitori accantonavano. La madre ogni tanto lo sgridava trovando qualcosa in disordine, lei che era molto ordinata. Il padre invece sorrideva affermando che anche lui, da piccolo, aveva la stessa abitudine o difetto.

Massi, diminutivo di Massimiliano, continuava imperterrito le ricerche e le scoperte, come lui le definiva. Un giorno scovò un portapenne in legno che sicuramente era appartenuto al nonno; scoprì che per aprirlo bastava far scorrere il coperchio infilando un dito nel foro presente. Lo guardò stupito, era un oggetto ingegnoso: un'astina vicino al foro serviva da blocco al coperchio ed era la guida per la chiusura dello stesso. Su un lato esterno c'era una piccola etichetta su cui si leggeva a malapena «secret». Non era molto capiente, ma pensò che all'epoca del nonno bastavano una penna col pennino, una matita e una gomma che ricordava mezza morbida e mezza dura.

Sorrise al pensiero che il suo astuccio sembrava un espositore: due penne biro, due matite, il temperamatite, la gomma, dodici matite colorate e la magica cancellina per correggere gli errori della biro. Quello conteneva, ora, solo una specie di penna biro molto grossa e al posto del pulsante, quattro bottoni di colore diverso disposti in cerchio un po' più in su del centro. La estrasse, la prese in mano e schiacciò il bottone rosso; dal lato opposto apparve la punta di una biro. C'era un pezzo di carta lì vicino e fece un segno: era rosso. Provò con un altro colore ma non successe nulla; allora spinse ancora sul rosso e la biro rientrò. Aveva capito il meccanismo di funzionamento e verificò anche gli altri pulsanti: blu, nero, verde.

«Mitico!», esclamò, «Erano furbi una volta!».
Rimise la grossa biro nel portapenne, che chiuse, e lo portò al padre a cui chiese se potesse tenerlo; lui, bonariamente, gli diede un piccolo scappellotto e gli disse: «Massi birbante! C'è una grossa biro all'interno che mi venne regalata dal nonno per il mio compleanno. Se ti piace, puoi tenere sia il portapenne che la biro. Devo dirti che tuo nonno mi proibì di usare la biro a quattro colori perché, secondo lui, ero troppo piccolo per un oggetto del genere, non sapevo ancora scrivere. Inoltre, non riuscivo a tenerla con le mie manine. Non la vidi mai più!».
«E perché c'è quell'etichetta di lato con scritto «secret»?», chiese Massi.
«Questo proprio non lo so. L'astuccio di legno era tra gli oggetti che la nonna serbava gelosamente e quando lei morì, lo ereditai e volevo buttarlo, ma tua madre me lo impedì. Quando lo aprii trovai la famosa biro sparita».
«Ora conosco anche la storia del portapenne. Grazie papà!», e se ne andò felice con la scatola di legno.
Meditò ancora sulla parola «secret» e non riuscì a darsi una spiegazione plausibile; forse il nonno non voleva che si aprisse l'astuccio oppure si usasse la penna. Non ci pensò più e mise l'oggetto misterioso in bella mostra sul suo scrittoio.

Quel giorno a scuola la maestra fece un annuncio: «Chi di voi è interessato a partecipare a un concorso? La banca locale ha indetto una gara per il più bel disegno colorato da usare, come manifesto pubblicitario, nella Giornata dell'ambiente».
«Quale sarà il premio per il vincitore?», chiese Massi.
«Un buono da cinquecento euro per l'opera migliore e premi minori per quelle segnalate», rispose la maestra.
«Chiunque può partecipare?», ancora Massi.
«Solo gli allievi della scuola, anche tu Massi. Mi raccomando, però, non fare uno dei tuoi soliti scarabocchi futuristici», sorridendo gli rispose.

Massi, che per fortuna non era permaloso, strinse le spalle, e pensò che per questa gara avrebbe dimostrato la sua bravura. Tornato a casa, salutò la mamma e corse in camera sua, prese un foglio grande da disegno e si mise a fantasticare e a immaginare che cosa avrebbe potuto creare. Il tema era l'ambiente e immaginò un lago di montagna, come quello che vide con i genitori in mezzo alle Dolomiti, con attorno un meraviglioso prato pieno di fiori che gli sembrò di ricordare fossero genziane e le montagne con le cime ancora bianche per la neve. La visione lo soddisfece e ritenne che potesse rispecchiare bene il tema. Lo chiamò la mamma perché il pranzo era pronto.

«Mangia piano, gusta il cibo! Non ingozzarti», lo richiamò sua madre, ma lui aveva fretta di concretizzare il suo progetto e quando ebbe terminato, salutò la madre: «Ciao mamma! Salgo perché ho un sacco di compiti da fare».
Seduto davanti al tavolo da studio, guardava il foglio bianco e decise che avrebbe usato la biro multicolore; prese l'astuccio, la estrasse e con ancora vivo il paesaggio idealizzato, schiacciò il tasto nero e la biro gli sfuggì di mano. Quella iniziò autonomamente a tracciare le linee principali del panorama: i contorni del lago, l'erba e i fiori del prato, le montagne. Wow che meraviglia! Non sarebbe mai riuscito a fare una cosa simile. Riprese la biro, schiacciò il nero che rientrò e spinse il verde: la penna colorò l'erba, alcune parti delle montagne e si fermò. Massi fece rientrare il verde e spinse il blu: quella riempì il lago di colore, evidenziò i fiori e coprì alcune parti delle montagne. Massi era strabiliato, ma felice del risultato e cercò di tenere a mente la sequenza dei colori. Finito il blu, la penna era come in attesa e Massi fece rientrare il blu e passò al rosso. Incredibile, quella completò il panorama con i particolari e si distinsero le genziane, le montagne diventarono del colore della terra. Già così era uno spettacolo, ma la biro riprese a vibrare e Massi subito non capì; poi si accorse che forse il cielo non aveva colore. Allora schiacciò il rosso e poi il blu e la biro partì con dei tratti piccoli e leggeri, quasi dei punti, a riempire il cielo che divenne azzurro; poi si adagiò.

Massi alzò il foglio e ammirò l'opera che era una meraviglia. Ora comprese il «secret»: la biro riproduceva l'immagine idealizzata da chi la usava. Corse dalla madre con il foglio per mostrarglielo; lei lo guardò stupita e gli disse: «Bravissimo, Massi! Ora so da chi hai ereditato l'arte, da tuo nonno; anche lui era molto bravo con i colori e faceva dei bellissimi paesaggi che poi regalava. Non ne abbiamo neanche uno, purtroppo», e lo abbracciò.

Quando tornò il babbo dal lavoro e vide il disegno che Massi gli mostrò, restò letteralmente sbalordito e gli disse: «Si vede che sei il nipote del nonno, sembra uno dei suoi paesaggi», e gli diede un affettuoso buffetto sulla guancia.
Il giorno dopo, Massi portò il disegno a scuola e lo porse alla maestra, dicendole: «Ecco il mio scarabocchio per il concorso. Può andare bene?».
La maestra lo ammirò sorpresa ed entusiasta e gli disse: «Vedi Massi che se ti impegni raggiungi degli ottimi risultati? Ragazzi, guardate che meraviglia! Questo disegno vincerà di certo la gara. Auguri, Massi!».
E così fu.

Franco Giardina

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