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LA VECETA DAL CALTO

LA VECETA DAL CALTO
(La vecchietta dal cassetto)
di Franco Giardina

La mamma, per l'ennesima volta, sgridò Grazia: «Tira su le spalle, cammina dritta! Altrimenti diventerai come "la veceta dal calto"». Dopo questo richiamo, Grazia sollevava le spalle e si metteva eretta.
Un giorno, dopo l'ennesimo rimbrotto materno sulla sua postura, Grazia chiese: «Ma insomma, mamma! Continui con questa "veceta". Dimmi: chi era?».
La mamma, allora, le raccontò la storia delle vecchietta che aveva un piccolo carretto di dolciumi; il carretto era basso, con due ruote piccole, che la costringeva a piegarsi, sia per prendere i dolci richiesti, che mettere i soldi nel cassetto, da cui "calto", che era ancora più basso. La fortuna volle che non le fosse cresciuta la gobba, anche se la sua andatura era perennemente curva.

Poi venne il tempo della scuola elementare e Grazia, felice e soddisfatta del grembiule che la madre le aveva confezionato, entrò nell'aula con le altre bambine, future compagne di classe. Nonostante la madre la svegliasse per tempo, era quasi sempre al limite dell'orario di inizio, arrivando in classe ansante per la corsa.

Una mattina riuscì a partire da casa, a fatica, alcuni minuti prima che la scuola aprisse il cancello e, finalmente, riuscì a vedere la vecchietta; era proprio come l'aveva descritta sua madre. Si fermò davanti al carretto per osservare i dolcetti; la vecchietta con un sorriso le chiese: «Vuto qualcosa, butina? (Vuoi qualcosa, bambina?)».
Grazia chiese dei pezzettini di liquirizia per cinque lire e la donna rispose: «Tieni, cara, cinque "moretti"». Grazia si fermò spesso, anche per chiacchierare; era compiaciuta di poter aiutare, un po', la vecchietta con quei piccoli acquisti; d'altronde non poteva permettersi altro, erano le mance che le dava la madre, quando l'aiutava. Un giorno decise di cambiare l'acquisto poiché quei pezzetti di liquirizia le si appiccicavano ai denti e davanti alla donna chiese: «Cosa sono quei bastoncini?», indicando dei legnetti che c'erano in un angolo del carretto.
La vecchia rispose: «Cara butina! Sono dei bastoncini di liquirizia grezza e naturale. Chiedi a tua mamma se si ricorda della "sucamara" (lucamara). Facciamo così, te ne regalo uno e se ti piacerà lo acquisterai, domani o un altro giorno. Basta succhiarlo e mordicchiarlo e sentirai com'è buono. Costa sempre cinque lire».

Grazia constatò che quel pezzetto legnoso di liquirizia le piaceva di più, non si appiccicava ai denti e durava più a lungo. Provò anche a intingerlo nel limone, che le piaceva molto, e il gradimento arrivò al massimo.

Stavano per finire i suoi studi alle elementari e la madre espresse la volontà che non proseguisse alle scuole medie, per avere un aiuto in una nuova attività lavorativa, provocando un grande dispiacere in Grazia. Il giorno dopo, la maestra, vedendola abbattuta e quasi piangente, venne a conoscenza delle scelte materne e decise di intervenire, raccomandando a Grazia di far venire sua madre per delle importanti comunicazioni.

All'uscita dalla scuola, la vecchietta, che sembrava fosse a conoscenza di molti fatti del paese (la gente chiacchiera!), fermò Grazia, dicendole: «Senti, butina! Devi dire a tua madre che ti lasci continuare gli studi; la maestra mi ha confidato che hai un'intelligenza vivace e sarebbe un vero peccato buttarla via».

Arrivata a casa, Grazia riferì la richiesta della maestra, senza confessare che era già a conoscenza del motivo. Il giorno successivo, Grazia, accompagnata dalla madre, entrò a scuola dove ad attenderla c'era la maestra, che, con la madre, andò nella stanza dei colloqui. Lì, l'insegnante raccomandò alla signora di recedere dalla decisione di tenere la ragazza lontano dagli studi; la convinse spiegando che Grazia era molto intelligente e capace e non assolutamente il caso di non farla proseguire. A malavoglia, la madre concesse che sua figlia si iscrivesse alle scuole medie.
Quando Grazia rientrò a casa, felice di quanto le aveva riferito la maestra, anticipò la madre dicendole che sarebbe stata disponibile ad aiutarla, non appena avesse terminato i suoi doveri scolastici.

Il giorno degli esami, Grazia si prese del tempo per andare a salutare la vecchietta; ma non trovandola, entrò in un negozio vicino chiedendo informazioni. La proprietaria del negozio, che conosceva Grazia, le comunicò, con un'aria addolorata, che la vecchietta era morta il giorno prima.
Poi, le disse: «Senti, Grazia! La Lussieta, così si chiamava la vecchietta e un giorno mi disse che il suo nome significava "piccola Lussia" o piccola Lucia. Mi disse che si era affezionata a te e, per questo, mi ha raccomandato di consegnarti questa busta. Se puoi, di' una preghiera per lei».

Grazia la ringraziò e uscì molto turbata; dirigendosi verso la scuola, aprì la busta, dove c'era un bastoncino di liquirizia e un foglietto scritto con la calligrafia di una mano tremula: «Cara butina, spero che el to futuro sia belo come la to gentilessa. Ricordate de mi e quando te saré davanti a la vita, pensame e mi te darò na man, da la sora». (Cara bambina, spero che il tuo futuro sia bello come la tua gentilezza. Ricordati di me e quando sarai davanti alla vita, pensami e io ti darò una mano da lassù).

Franco Giardina


Racconto tratto dal nuovo libro di Franco Gardina «Un viaggio dell'altro mondo ed altri racconti» [Anno 2020]

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