«ERO FORESTIERO E MI AVETE OSPITATO»
«ERO FORESTIERO E MI AVETE OSPITATO»
(Vangelo di Matteo cap.25 - v.35)
di Stefania Serpe
Chi accoglie un ospite con generosità sperimenta una sovrabbondanza di doni.
L'ospitalità non è un'invenzione per così dire monastica piuttosto un valore profondamente biblico. L'inizio del libro del Genesi si apre con un gesto definitivo ed esemplare da parte di Dio: Egli crea un intero mondo permettendo agli esseri umani di vivere facendo fronte ad ogni loro necessità... Questo atto invita, perciò, ad una riflessione profonda.
Le grandi religioni abramitiche, ad esempio, sacralizzano l‘atto ospitale in quanto Dio stesso manifesta qualcosa della Sua presenza così da offrire una dimensione antropologica fondamentale dell'esperienza della fede, della comunità dei credenti e del dinamismo vitale.
Cosa vuol dire ospitare? Instaurare un legame di solidarietà? Una regola di convivenza civile? Ospitalità fa rima con gentilezza in una società che, talvolta, sfocia nell'indifferenza, cinismo e chiusura verso il prossimo, concentrata sull'individualismo.
Nel versetto in esame del vangelo di Matteo, il Signore si sente accolto...
Dunque, accogliere diventa un moto del cuore, ciò che rende umano il nostro stare al mondo: siamo ospitati prima per diventare ospitanti e ospitali poi. Condividere pienamente una situazione, creare uno scambio emotivo-culturale, includere “l'altro” nella dinamica di un amore gratuito dove la persona realizza pienamente se stessa insieme agli altri in un continuo rinnovamento per divenire ospite «sacro».
Accogliere equivale a riconoscere l'altro, osservarlo per osservarsi attraverso i suoi occhi in modo da spiegare e rivelare l'importanza dello stile di vita di Gesù, decisivo nella prospettiva del destino dell'uomo: chi ama infatti, ha una vita umana riuscita.
È un'educazione del cuore, lenta, difficile ma affascinante, un cammino quasi pedagogico.
È un respiro di speranza che muove l'anima avviando la trasformazione della nostra esistenza.
È espressione suprema di una libertà custodita proprio nella relazione con l'altro.
Dunque, ospitare diventa, in un certo senso, alleanza: un legame stabile e sincero tale da farsi comunione di vita nella gratuità dell'amore autentico superando stati di ostilità e di divisione mediante proprio un legame di amicizia, comunione e anche fratellanza singolarmente e in gruppi sociali. L'apertura verso l'altro proietta, altresì, un ponte di fede viva visibile nell'orizzonte immenso della libertà: un accogliere che riempie la nostra vita in modo indelebile.
Potremo scoprire, così, il valore dell'appartenenza sotto un cielo unico... dove l'ospite ci dà l'appuntamento inaspettato al quale rispondere senza esitazione con un rapporto di alleanza, un dono d'affezione manifestata che sviluppa il servizio, cioè la vocazione all'esistenza da parte nostra: la svolta d'amore necessaria per abbattere la solitudine, l'ardita tentazione di chi vorrebbe appartenere solo a se stesso, il fallimento percepito come egoismo che sbriciola davanti alla potenza del valore dell'ospitalità illimitata. Quest'ultima penetra, restaura, genera e rigenera un'intenzione di misericordia creando una premura straordinaria, una garanzia di forza...
Sulla strada della vita, come insegnato da Gesù si apre un varco profumato di bene che riempie di virtù unica ed insostituibile ogni creatura: un cuore dilatato pronto ad accogliere la novità, lo splendore di un amore sempre al servizio del prossimo.
«Perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere...»