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GIULIA, CORAGGIO

GIULIA, CORAGGIO

«Giulia, non toccare l'erba, è cacca! Vieni subito qui da mamma che ti toglie la terra dalle unghiette! No, non mettere in bocca le manine... lascia stare il gattino, graffia ed è pieno di pulci nel pelo... No, Giulia non bere l'acqua dalla fontanella, prendi il succo che ti dà mamma!».

La mamma iperprotettiva di Giulia è morta l'altro ieri all'età di ottantanove anni. Giulia ora si sente sola e sperduta in quell'enorme casa di campagna non tanto, e non solo, per il dolore della sua morte, quanto per l'assoluta incapacità, a quarant'anni, di riorganizzare la sua vita. Una vita sprecata, una vita abdicata, una vita in cui Giulia non ha mai conosciuto l'amore di un uomo, la gioia di essere madre, l'ebbrezza di un viaggio od anche solo la serenità e la spensieratezza di una scampagnata tra amici il giorno di Pasquetta.

Negli ultimi tre decenni della sua vita Giulia ha invece conosciuto l'umiliazione di lunghi ricoveri nella maggior parte degli ospedali psichiatrici del paese, ha conosciuto estenuanti attese in studi medici ed ambulatori, ha conosciuto la muta compagnia di decine di occhi spaesati come i suoi, di mani tremolanti come le sue, di persone confuse ed impaurite come e più di lei.

Oltre alla grande casa di campagna, Giulia ha ereditato dalla madre quantità industriali di insicurezza che, ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno, risucchiandole tutte le energie fisiche e mentali, le hanno impedito di costruirsi una vita normale.

Giulia non ha mai accettato, nonostante le pressioni fattele da più parti, di fare una vacanza e nemmeno di dormire un'unica notte fuori casa. La sola idea di dover dormire in un letto in cui estranei hanno poggiato schiene ed arti la fa impazzire. E, ammesso che qualcuno fosse disposto a sterilizzare per lei la stanza, resterebbe il problema del bagno. No, il bagno no. Impensabile. Improponibile.

A casa Giulia possiede una credenza a sei ante interamente adibita a contenere disinfettanti di ogni sorta, liquidi, solidi, spray. E poi guanti sterili, mascherine e tute asettiche per lei indispensabili per svolgere anche i più banali lavori domestici.

Giulia acquista esclusivamente prodotti confezionati, inscatolati, sotto vuoto o surgelati. Mai assaporato un panino appena sfornato, un bicchiere di latte fresco, un frutto appena colto dall'albero. Se la mamma glielo aveva sempre vietato, una ragione ci sarà pur stata...

I batteri sono in agguato ovunque, le infezioni che questi possono provocare sono sempre dietro l'angolo e spesso le malattie causate dall'ingestione di cibi infetti possono portare rapidamente alla morte. No, meglio non rischiare...

D'estate Giulia non esce di casa per settimane intere. Il clima caldo umido e gli insetti favoriscono e accelerano la diffusione delle malattie. E poi, c'è troppa gente in giro. I bambini, e soprattutto gli animali, sono pericolosi e da evitare. Capita spesso che i gatti si avvicinino per strusciare il proprio dorso sulle gambe dei passanti o che qualche cane eccessivamente esuberante, spinto da un improvviso moto d'affetto, ci salti addosso scambiandoci per il padrone. Fatti comuni, spesso piacevoli, come questi hanno il potere di sconvolgere la vita a Giulia. E poi se, nonostante tutte le precauzioni prese, qualche batterio fosse ancora presente sugli indumenti lavati in lavatrice a novanta gradi? Se, nonostante gli scrupolosi controlli computerizzati oggi attuati nelle industrie alimentari, le confezioni di cibo sigillate contenessero delle sostanze contaminanti?

Come se non bastasse, da un po' di tempo, alla grave forma ossessiva di Giulia in fatto di igiene è andata ad aggiungersi la mania del controllo. Nuove insicurezze si sommano a vecchie insicurezze. Nuovi turbamenti vanno a moltiplicare paure e timori esistenti che ormai si sono impadroniti della sua mente sin dalla prima adolescenza. «Avrò chiuso il rubinetto dell'acqua? E quello del gas?», questo si chiede Giulia ogni volta dopo essersi chiusa la porta alle spalle in occasione delle sue rare uscite. E deve ritornare sui suoi passi, lo deve fare assolutamente. La mania del controllo è più forte della certezza di aver chiuso tutto, più forte della volontà di proseguire, più forte della ragione... Ed immancabilmente si rende conto che tutto è a posto, che non ha dimenticato nulla, che non vi è alcuna inondazione imminente o terribile fuga di gas.

Oggi è una stupenda giornata di maggio, la natura è nel suo massimo splendore. Giulia ha un appuntamento speciale che costituisce per lei un'ultima speranza. Deve incontrare qualcuno che, forse, potrà aiutarla a sospendere per sempre l'assunzione di quei maledetti farmaci: dodici compresse al giorno e poi gocce ed iniezioni, nei momenti di crisi.

Si tratta di un esorcista. Uno molto bravo, si dice.
Giulia, in realtà, è piuttosto scettica, ma non ha alternative. In fondo, è sempre stata consapevole che la causa delle sue ossessioni sia in gran parte da attribuire agli atteggiamenti iperprotettivi della madre nei suoi confronti... Figlia unica di una donna rimasta incinta alle soglie della menopausa.

«Che c'entra il demonio in tutto questo? Che c'entra il diavolo con me?», si chiede percorrendo ansiosa l'ultimo tratto di strada a piedi, uno sterrato di campagna in mezzo a due filari di ciliegi.

«Sì, la casa dovrebbe essere questa, l'unica», dice fra sé e sé, osservando perplessa la porta corrosa dal sole e dal vento di quella stamberga. Bussa, le apre un vecchio maleodorante... «mah, forse l'apparenza inganna», pensa Giulia, cercando di evitare il contatto con le mani di quell'uomo e con le suppellettili della casupola.

Rimane là in piedi, rigida, in attesa del responso. L'esorcista la scruta e le fa solo alcune brevi domande. Quindi, un lungo silenzio, prima di indicarle la porta d'uscita dicendole: «Mi spiace, non posso fare niente nel suo caso. Lei è molto malata sì, ma satana non si è impossessato della sua mente. Si rivolga ai servizi sociali o si trovi un bravo psichiatra».

Svanita anche quest'ultima speranza, Giulia si avvia sulla strada del ritorno, in totale assenza di pensieri, imboccando nuovamente lo sterrato che attraversa il frutteto. Non pensa più nulla. Non sente più nulla. E, stranamente, non teme più nulla. Si ferma accanto ad un ciliegio, si siede sul prato umido sottostante, raccoglie da terra alcuni frutti rossi e maturi e, per la prima volta nella sua vita, ne scopre la fragranza e il sapore.

Fiorella Carcereri


[06.04.2015] Fiorella Carcereri è laureata in Lingue e Letterature Straniere, risiede a Castelnuovo del Garda (Vr) ed ha svolto per molti anni l'attività di traduttrice per poi dedicarsi a tempo pieno alla sua più grande passione, la scrittura, che ama in ogni sua forma e potenzialità. É appassionata di letteratura da sempre e i libri sono parte integrante della sua vita.

Scrive poesie e racconti, parecchi dei quali sono risultati vincitori di concorsi letterari e sono pubblicati su svariate antologie. Ha al suo attivo la raccolta di poesie «Senza rete» (Edizioni Ensemble, 2013) ed il romanzo «Amore latitante» (Edizioni Arpeggio Libero, 2013). Nel marzo 2014 ha pubblicato il suo secondo romanzo a tematica sociale «Con le spalle al muro» (Edizioni Sensoinverso).

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